
Storia di una Musa
Questa è la storia di una di noi, ma non è… nata per caso in via Gluck!
Per un disguido tipografico, purtroppo, il racconto di Laura Trevisan sul Libro delle Muse 2020 è uscito per metà… ci dispiace molto e, quindi, lo riportiamo di seguito così tutte potremo leggerlo!
Laura e Marianne – Il nuovo asse Roma-Berlino
Che l’incontro con Marianne fosse importante lo intuii fin da subito. Perché, non lo sapevo ancora. L’avevo notata al mio arrivo a Levico.
Seduta sull’ampia terrazza coperta dello storico Caffè Impero, avevo visto passare quella signora: troppo alta, troppo magra, troppo spedita nel passo, troppo fiera di sé. Marianne era esagerata in tutto, anche nella sua semplicità. Impossibile per lei passare inosservata.
Per alcuni giorni ne annotai i comportamenti.
Era sempre in compagnia dell’amica, con la quale si esprimeva fittamente ma anche tranquillamente in tedesco.
Con gli altri tuttavia accennava qualche frase in italiano.
Questo mi fece tirare un indistinto, in quel momento, immotivato sospiro di sollievo. Sapevo che ci saremmo conosciute presto.
Intanto l’avevo sentita apostrofare la clochard che le si era avvicinata con la sigaretta tra le dita: “sei stupida!” Contemporaneamente tuttavia, con gesto spontaneo e abituale, le aveva allungato un po’ di soldi.
Dunque era generosa e schietta.
Si fermò lei, al parco. Mi si avvicinò mentre sfogliavo il giornale, seduta su una delle panchine.
“Legge tutto?”
“Sì.”
“Buona lettura allora.”
“Abita a Levico?”
“Mi sono trasferita da poco.”
“Ha fatto una buona scelta.”
Poiché ero sola:
“Lei deve iscriversi al circolo Hauser.”
“Mi fa tristezza.”
“Allora deve prendersi un cane.”
“Amo i gatti.”
“Ah!”
Il giorno seguente l’amica non c’era.
Poiché i nostri orari e i nostri percorsi erano identici, era inevitabile incontrarsi.
La vidi avanzare da uno dei viali del parco, preceduta da Loni, la sua inseparabile cagna.
“Sembra che abbiamo gli stessi percorsi.”
“Si. Vieni?”
Marianne era così: immediata in tutto.
Intuii subito che per farmi capire da lei avrei dovuto semplificare all’estremo il mio vocabolario e anche i pensieri. Se non capiva, Marianne spazzava via il problema col gesto rapido e impaziente della mano:
“Ah io non capisco, sei troppo complicata.”
La prima confidenza che mi fece fu il suo primo amore.
“Si chiamava Willy, aveva una voce meravigliosa, quando cantava tutti rimanevano ad ascoltare.”
“Io ricordo fino a oggi.”
“Adesso è là, canta con gli angeli.”
“Lui è morto durante quell’influenza… come si chiamava? Ah sì l’asiatica. È stato terribile.”
“Io ho dovuto aspettare dieci anni prima di sposarmi, ma non ho più dimenticato. Io so che lui è là, aspetta.”
“Io ricordo fino a oggi.” Ripete.
Comincio già a pensare alle coincidenze, ma ascolto soltanto. Lei ha oltre dieci anni più di me (e uno spirito ancora indomabile) e io ho sempre incontrato difficoltà a dare del tu a persone più anziane ma, quando ci separiamo, mi viene spontaneo:
“Ciao Marianne, a domani.”
Da quel mattino, Marianne e io ci incontriamo tutti i giorni.
Facciamo colazione insieme all’Impero, lunghe chiacchierate con Loni pazientemente accucciata che forse ci ascolta e, qualche volta, non sempre, ci avviamo insieme, separandoci alle poste.
“Si sa dove trovarti” dice Marianne.
Le confidenze si susseguono.
Le cose che Marianne “ricorda fino a oggi” sono innumerevoli e sempre intrise di una sottile vena di umorismo, anche le più drammatiche, e i suoi ricordi, più per analogia che per contrasto, rievocano i miei.
A volte mi fa ridere, allora dico:
“Marianne devo registrarti.”
“Tutto gratis.”
“Io ricordo fino ad oggi”
Lo ripete spesso Marianne, quasi ogni momento.
Ricorda l’infanzia a Düsseldorf.
Ricorda i bombardamenti, le morti, le devastazioni, le bombe, la fame soprattutto.
“Io non potevo dormire, mia madre mi aveva dato l’ultima fetta di pane e lei era rimasta senza. Io ricordo fino a oggi.”
E insieme alla guerra ricorda anche gli avvenimenti gioiosi, dell’infanzia e della giovinezza, con l’entusiasmo di allora, con la stessa, lucida, presente serenità. Ricorda la complice dolcezza della madre.
“Che faceva tuo padre?”
“Lui era un Prefetto del governo”.
Un Prefetto del Reich!
Ecco perché.
La figlia del Prefetto e la figlia del Partigiano. Un nuovo, caloroso, sincero, affettuoso “Asse”.
Gli stessi “mi ricordo”. Le situazioni identiche, la medesima lotta per la nostra libertà dai padri.
Una nuova guerra. Meno cruenta, dai toni soffici e sommessi, senza morti né feriti, se non l’orgoglio dei nostri padri. Una lotta per gli stessi ideali.
Combattenti uniti dall’identico istinto di libertà.
Marianne, per affermare il suo diritto ad amare e a difendere ogni animale esistente sul pianeta.
Io per affermare il mio diritto alla vita.
La mia è stata la battaglia più dura e più lunga: è durata l’arco di una intera esistenza.
Ha avuto più fortuna la figlia del Prefetto di quella del partigiano Toni.
Stanca di nascondere la sua prima, amata, cagnolina Jenny, un giorno si era presentata con lei davanti al padre e aveva dichiarato, risoluta:
“Se tu butti fuori lei, butti fuori anche me.”
In questo modo lei aveva vinto quasi subito la sua partita, in un’unica mossa.
Io ho tentato tutte le mosse della scacchiera ma, fino all’ultimo, sono stata tenuta in stallo. Anche quando mi si lasciava credere di aver in mano la partita, in realtà non stavo muovendo che qualche insignificante pedina e il gioco non era mai il mio.
Eppure la mia decisione non era inferiore a quella della mia amica.
Ho avuto solo meno fortuna.
O forse il partigiano Toni era più ferocemente padrone del Prefetto tedesco.
Ferrei nemici, idealmente uniti dallo stesso irrinunciabile istinto di possesso delle loro figlie, altrettanto fieramente unite dal loro anelito di libertà.
Questo nuovo, inatteso e imprevisto asse Roma-Berlino, più precisamente Düsseldorf-Padova, con snodo principale al caffè Impero di Levico, è quello più giusto e destinato a durare nel tempo al di là dei rispettivi confini, perché non esistono confini ai moti dei cuori e delle menti.
Non esistono confini all’amore e alla simpatia tra le persone.
Viva dunque Marianne, la figlia del Reich!
E chissà che di questo incontro, in un futuro domani, qualcuno possa ripetere la simpatica, ricorrente e un po’ stentata espressione della mia amica tedesca: “Io ricordo fino a oggi.”
Cani e gatti non si odiano più. Figurarsi Laura e Marianne. Stringendo i discorsi all’essenziale si può parlare e ridere di tutto, farsi compagnia e perfino volersi bene. Anche a Levico Terme. (Commento di Piero Cegna)






- Posted by Il Carro delle Muse
- On 28 Dicembre 2020
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